Non ci sono ancora regole precise, ma indicazioni generali da applicare al più presto per continuare a fare volontariato in sicurezza. Le misure di contenimento del contagio da COVID-19 applicate in Italia nelle ultime settimane hanno cambiato lo scenario d’azione del volontariato e dell’impegno sociale più in generale. Limitazioni all’azione e alla mobilità che richiedono una veloce riorganizzazione interna agli enti del terzo settore, chiamati a operare in situazioni difficili, ma senza eroismi.
Per rispondere alle tante domande avanzate in questi giorni sul tema e fornire linee guida comuni, lo Studio Degani di Milano ha predisposto un parere su richiesta di CSVnet dal titolo “Emergenza coronavirus. Prime indicazioni sull’attività e la mobilità dei volontari” aggiornato allo scorso 15 marzo. Le indicazioni sono state redatte in un quadro normativo in continua evoluzione e in assenza (se non per una piccola eccezione) di disposizioni normative specifiche sul volontariato. Le linee guida sono quindi state redatte seguendo le indicazioni generali e valutando le disposizioni specifiche per le singole attività.
Il richiamo generale, nella situazione attuale, è quello alla responsabilità per cercare di rimanere il più possibile a casa e non mettere in pericolo la vita degli altri individui. Alla luce di questa indicazione per tutti, si consiglia ai volontari di non muoversi in forma singola ma per il tramite di organizzazioni strutturate. Questo significa, inoltre, che gli enti che pianificano e realizzano interventi in questa situazione emergenziale devono essere coscienti e consapevoli delle responsabilità che essi hanno nei confronti dei loro volontari, adottando tutte le misure al fine di tutelarli il più possibile.
Mobilità: quali limiti?
Secondo una lettura congiunta di diverse norme (DPCM 8 marzo 2020, DPCM 9 marzo 2020 e circolare del ministero dell’Interno del 12 marzo 2020), sono di fatto vietati gli spostamenti degli individui da un Comune a un altro, e anche all’interno di uno stesso Comune, con l’eccezione di quelli dovuti a comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità e motivi di salute (compilando e portando con sé un apposito modulo di autodichiarazione).
La circolare del ministero dell’Interno del 12 marzo 2020 ha specificato che gli spostamenti sono comunque consentiti – mantenendo sempre la distanza di sicurezza di 1 metro e rispettando le norme igienico sanitarie previste – per comprovate esigenze primarie non rinviabili, facendo come esempio l’approvvigionamento alimentare, la gestione quotidiana degli animali domestici, lo svolgimento dell’attività sportiva e motoria all’aperto.
In sintesi, almeno fino al 3 aprile 2020, anche per i volontari la mobilità è possibile a condizione che si considerino i seguenti elementi:
- divieto di ogni spostamento salvo che per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità oppure per motivi di salute;
- obbligo di compilare e portare con sé il modulo di autocertificazione che attesti il motivo dello spostamento;
- obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
Le limitazioni alle singole attività di volontariato
L’assenza ad oggi nei decreti di disposizioni specifiche in tema di volontariato, rende necessario che l’ente e/o il volontario valutino il tipo di attività svolta, singolarmente o all’interno della propria organizzazione, alla luce del divieto generale di spostamento, per cui è ammessa deroga nei limiti dello stato di necessità.
Per quanto riguarda alcune attività specifiche legate al volontariato, sono ad oggi sospese (almeno fino al 3 aprile 2020) in particolare:
- le manifestazioni e gli eventi di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico;
- ogni attività convegnistica o congressuale;
- le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, svolti in ogni luogo pubblico o privato;
- per quanto riguarda lo sport agonistico, gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati (compresi quindi gli allenamenti);
- l’apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura;
- i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.
Le attività di volontariato realizzabili
Sembrerebbero invece legittime, e quindi ammesse, le attività di volontariato a favore di situazioni di particolare bisogno, ad esempio nei confronti delle persone anziane e disabili, in ragione della dimensione solidaristica che costituzionalmente le caratterizza. E ciò è giustificato dallo stato di necessità che caratterizza i servizi sociali, al fine di soddisfare esigenze primarie non rinviabili.
Le FAQ (domande frequenti) al Decreto #IoRestoaCasa, emesse dal Governo il 15 marzo 2020, confermano che l’attività di volontariato singolo o organizzato può essere svolta nei confronti delle fasce deboli della popolazione (ad esempio anziani o disabili) per consegnare loro alimenti, farmaci o altri generi di prima necessità, o anche per il disbrigo di pratiche amministrative (quali il pagamento delle bollette). Tali servizi si possono considerare necessari in quanto strumentali al diritto alla salute o ad altri diritti fondamentali della persona (alimentazione, igiene, ecc.).
Tali servizi potranno quindi essere erogati dai volontari e dalle organizzazioni (qualora le attività in questione rientrino in quelle previste dallo statuto), sempre però nel rispetto delle prescrizioni disposte per i singoli individui, ed in particolare:
- l’obbligo di rispettare la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro dagli utenti e dagli altri operatori o, comunque, ove questo non sia possibile, utilizzando i presidi sanitari necessari;
- l’obbligo di compilare e di portare con sé l’autodichiarazione, indicando tra le motivazioni dello spostamento lo stato di necessità (barrando l’apposita casella) e più oltre, dove è richiesta l’esplicitazione della motivazione indicata, descrivere l’attività svolta (ad esempio, la consegna di generi alimentari al domicilio di anziano solo e impossibilitato). Potrebbe altresì rivelarsi utile (ma non indispensabile) il possesso da parte del volontario di una attestazione dell’organizzazione di appartenenza che dia certezza della sua qualifica di volontario.
Nelle FAQ il Governo ha inoltre evidenziato l’opportunità che tali attività, svolte dai volontari, “vengano sottoposte a coordinamento da parte dei servizi pubblici territoriali” (che fanno solitamente capo ai Comuni), al fine di organizzare al meglio gli interventi e distribuirli su tutto il territorio. È quindi consigliabile che l’ente raccordi e condivida la propria azione con il Sindaco/Assessorato ai servizi sociali in merito all’attività svolta sul territorio comunale.
Sospensione temporanea dell’incompatibilità tra status di lavoratore e di volontario
Il Decreto Legge n.14 del 9 marzo 2020 ha dettato una disposizione ad hoc in tema di volontariato, sospendendo per il periodo emergenziale (quindi, ad oggi, fino al 31 luglio 2020, data prevista nella Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 che ha dichiarato lo stato di emergenza) l’applicazione dell’art.17, c.5 del Codice del terzo settore, il quale vieta a una stessa persona di svolgere attività di volontariato e di intrattenere anche rapporti di lavoro (subordinato, autonomo o di altra natura) con lo stesso ente del terzo settore.
Sul tema si è di recente pronunciato anche il ministero del Lavoro, con la Nota n.2088 del 27 febbraio 2020 (per approfondire Lavorare nel terzo settore? ‘Sì, solo se non è distribuzione di utili’ di Simona Bosisio e Silvia D’Angelo – Studio Legale Degani).
La disapplicazione dell’art.17, c.5, determina un duplice effetto:
- consente che soggetti qualificati dalla legge come volontari, possano intrattenere anche rapporti di lavoro di qualsiasi tipo con l’ente nel quale svolgono la propria attività (ad esempio, un medico volontario in una associazione di volontariato che viene contrattualizzato);
- consente che un lavoratore possa anche svolgere attività di volontariato, in qualità di volontario, nell’ente nel quale lavora (ad esempio, il medico dipendente che svolge anche attività di volontariato nella propria associazione).
Tale deroga, però, non apre in alcun modo alla possibilità che un volontario, in quanto tale, possa essere retribuito, ma è piuttosto rivolta a far sì che le organizzazioni possano sopperire ad eventuali carenze di personale istituendo rapporti lavorativi con eventuali volontari, che presentano idoneità e capacità all’attività a cui sono preposti. La norma disapplicata, ad oggi, è senz’altro recepibile dagli enti che hanno la qualifica di Odv e Aps, ma di fatto è applicabile alla generalità degli enti non profit ed in ogni ambito di attività di interesse generale.